Mantenimento coniuge

 

In materia di mantenimento, la Cassazione nel 2017 ha superato l’orientamento della medesima corte a partire dal 1990 che collegava la misura dell’assegno in favore del coniuge debole al parametro del tenore di vita matrimoniale. La rivoluzionaria sentenza in materia di assegno di mantenimento all’ex moglie (o, anche se più raramente, al marito), ha modificato le regole sul mantenimento, superando un orientamento che ormai aveva da diverse decine di anni. L’assegno in favore del coniuge più debole, fino alla ulteriore pronuncia della Cass SS.UU del 2018, non veniva dunque determinato in base al tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio, ma in base «all’indipendenza o autosufficienza economica» dell’ex coniuge che lo richiede.

Con una sentenza storica la Corte di Cassazione a Sezioni Unite n 18287/18 la Suprema Corte di Cassazione ha scelto di percorrere, tra quella indicata dalle sezioni unite del 1990 e quella del 2017, una terza via risolvendo il contrasto giurisprudenziale in maniera pressoché definitiva e dirompente.

La Suprema Corte ha, innanzitutto, abbandonato la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio in favore di una valutazione concreta e complessiva dell’art. 5, comma 6, L. 898/1970. Secondo le Sezioni Unite, ai fini della determinazione dell’assegno, occorre tenere conto non solo del tenore di vita dei coniugi precedente allo scioglimento del matrimonio, ma di un criterio cd. “composito” che, alla luce di una valutazione comparativa delle rispettive condizioni economiche, dia rilievo in particolare al contributo dato dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio personale dell’altro coniuge e, più in generale, alla conduzione della vita familiare. Si tiene pertanto conto anche delle aspettative professionali e reddituali sacrificate da uno dei due coniugi, non “per sua libera scelta”, ma necessitate dagli oneri/doveri discendenti dal matrimonio e dalle comuni scelte riguardanti la vita famigliare. La nuova impostazione da, per la prima volta, concreta rilevanza anche al lavoro domestico e casalingo, per lungo tempo rimasto privo di una adeguata valorizzazione.

La Corte, dunque, valorizzando il principio di solidarietà e autoresponsabilità posto alla base del riconoscimento dell’assegno, impone che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi sia saldamente ancorato alle caratteristiche del rapporto matrimoniale e alla ripartizione dei ruoli endofamiliari.

In applicazione di quanto esposto, il giudizio relativo all’adeguatezza dei mezzi andrà condotto sulla base di una serie di parametri, innanzitutto con riferimento alle condizioni economiche e patrimoniali delle parti, da accertarsi mediante la produzione in giudizio della idonea documentazione fiscale. Analizzate le condizioni economiche dei coniugi occorre verificare se tra gli stessi vi sia (o meno) una rilevante disparità patrimoniale, solo in caso positivo si potrà avere diritto all’assegno di divorzio.

Appurata, dunque, la disparità patrimoniale tra gli ex-coniugi occorrerà indagarne la causa e, in particolare, se la stessa derivi dalle scelte di vita comuni assunte dai coniugi durante il matrimonio o da cause contingenti. Diverso ovviamente è il caso in cui tale disparità sia generata, ad esempio, da una inerzia nella ricerca di una occupazione da parte del coniuge potenzialmente beneficiario o dalla naturale diversità di titoli di studio e di carriere seguite dagli ex-coniugi o, al contrario, se derivi dalle aspettative professionali e reddituali sacrificate da un coniuge per il bene della famiglia.

Solo in quest’ultimo caso deve essere riconosciuto al coniuge economicamente più debole il diritto ad un assegno che permetta di recuperare il pregiudizio professionale derivante dall’assunzione di un impegno, nell’ambito del rapporto coniugale, che abbia impedito o ridotto l’attività lavorativa e le aspettative professionali dello stesso. Inoltre, ai fini della corresponsione dell’assegno rilevano anche la durata del rapporto matrimoniale oltre alle potenzialità effettive professionali e reddituali in relazione all’età del coniuge e alla conformazione del mercato del lavoro. È all’esito di tale valutazione complessiva che il giudicante provvederà in sentenza ad ordinare (o meno) la corresponsione dell’assegno in favore del coniuge richiedente.

Da qui, allora, l’affermazione per cui l’assegno divorzile svolge, sì, una funzione assistenziale, ma anche, e in misura prevalente, equilibratrice e perequativo-compensativa