Coppia e violenza, due parole così lontane idealmente e nella loro essenza ma che
spesso, invece, convergono nel fallimento della relazione da cui hanno vita. Alla base di
questo scritto c’è la convinzione che non esista una vittima o un carnefice, ma piuttosto un
funzionamento disfunzionale della coppia, che sfocia sempre più spesso nella violenza
domestica e la cui reale vittima è il bambino.
La violenza intrafamiliare nasce in seno a relazioni disfunzionali, i cui protagonisti non
sono consapevoli del grado di distruttività presente nel loro incontro; anzi si sviluppa
attraverso un iniziale progetto di vita tra due persone, che pensano di amarsi, di aver
trovato nell’altro la compensazione di propri bisogni, ma che spesso finiscono per
diventare vicendevolmente l’uno il nemico dell’altro. La coppia, come la famiglia, può
divenire luogo di incomprensioni, sofferenze, violenza e delitti.
Nella determinazione delle diverse tipologie di violenza esercitate all’interno della coppia,
si distinguono la violenza fisica e quella psicologica. E’ la violenza psicologica che si
accompagna sempre a quella fisica e che, spesso, la precede. Si tratta di atteggiamenti
che si insinuano gradualmente e finiscono con l’essere banalizzati dalla donna, che non
riesce a capire quanto possano essere lesivi per la sua identità. Si esprime in modi e in
tempi diversi, e comprende categorie comportamentali quali:
– l’isolamento fisico e/o relazionale (esclusione da contatti amicali e familiari, esclusione
dalla comunità di appartenenza);
– rendere debole la donna inducendola all’esaurimento, (svegliando la vittima per discutere
con lei o abusare di lei fisicamente o sessualmente);
– Rifiuto costante da parte dell’uomo di occuparsi delle attività domestiche o educative per
i figli;
– Gelosia persecutoria (dubbi costanti sulla fedeltà della donna; impedimento a o
rimprovero per l’incontro con uomini al lavoro, per strada, in famiglia, tra amici);
– minacce e ricatti materiali o morali verso la donna o le persone a lei care (figli, familiari,
partner, amici, colleghi,..). Si tratta di comuni forme di abuso psicologico, finalizzate a
esercitare il controllo sulla mente della donna e ottenere ciò che si vuole da lei;
– sottrarre o danneggiare oggetti o animali della donna o dei suoi cari;
– denigrare e degradare nel senso di usare nei confronti del partner nomignoli/appellativi
umilianti e talvolta insultanti oppure esprimersi su di lei con espressioni ugualmente
denigranti in privato e/o in pubblico o con comportamenti dispregiativi come umiliazioni,
ridicolizzazioni, rimproveri, continui confronti con altre donne o precedenti partner;
– indulgenze occasionali, con la promessa che non lo farà di nuovo, seguita da un
comportamento amorevole, un atteggiamento di sensibilità e tolleranza per un breve
periodo di tempo, prima che il comportamento violento riprenda in maniera peggiore di
prima.
– Ostacoli a perseguire propri obiettivi e desideri (a che la persona prosegua o si cerchi un
lavoro; a che abbia un figlio oppure decida di non averlo; a iniziare, proseguire o
riprendere gli studi…);
– Controllo maniacale della vita quotidiana;

– Chiusura comunicativa/affettiva persistente;
– Rifiuto di lasciare la casa coniugale anche dopo la separazione;
– Imposizione della bigamia-poligamia;
– Sottrazione del passaporto, del permesso di soggiorno o di altri documenti necessari;
– Obbligo/minaccia di tornare al paese d’origine;
– Matrimonio precoce o forzato;
– Minaccia di suicidio o autolesionismo da parte del partner.

Come mostrato poc’anzi, le forme di violenza agite sul genere femminile sono veramente
numerose e spesso si articolano tra loro costruendo attorno alla donna una gabbia dalla
quale risulterà difficile, se non impossibile, uscirne in maniera autonoma.
Alcune di queste sono poco note, ma non per questo meno insidiose; spesso puntano
sulle fragilità psicologiche della donna e in particolare sulle strutture di personalità
particolarmente dipendenti sul piano affettivo. Tra queste è da citare il “Gaslighting”: si
tratta di una sottile violenza di tipo psicologico in cui la vittima subisce un’abilissima
manipolazione che la porta a dubitare addirittura di se stessa. E’ una violenza molto
difficile da individuare perché in genere l’abusante si comporta in maniera
apparentemente gentile e disponibile. La psicologa Martha Stout (2005) sostiene che i
sociopatici usano frequentemente tattiche di gaslighting. I sociopatici trasgrediscono
coerentemente leggi e convenzioni sociali, e sfruttano gli altri, ma sono anche tipicamente
bugiardi credibili che negano coerentemente ogni misfatto. Così, alcune vittime di
sociopatici possono dubitare della propria percezione. Il termine gaslighting è tratto da
un’opera teatrale Gas Light”del 1938 scritta da Patrick Hamilton. La trama racconta di un
uomo che fa perdere il senno alla propria compagna, facendo sparire oggetti, abbassando
le luci e poi facendole credere che tutte quelle cose non fossero mai accadute. Il
gaslighter e la vittima sono quasi sempre partner o parenti stretti e il movente più
frequente è l’infedeltà Gli psicologi (Gass e Nichols 1988): il partner infedele giustifica le
menzogne relative al tradimento, modificando le incongruenze che emergono dalla trama
della realtà parallela da lui costruita e mantenuta in piedi. Il Gaslighting è in realtà consiste
in un processo manipolatorio che viene realizzato in fasi diverse. La prima fase è quella
della distorsione della comunicazione: il gaslighter utilizza l’influenza che ha sulla vittima
basata sulla relazione affettiva che li unisce, per insinuare nella sua mente di quest’ultima
informazioni false che le mettano in discussione le sue certezze e in questo modo indurla,
passo dopo passo, a dubitare di sé, di ciò che crede, di ciò che percepisce e di ciò che
pensa. Nella seconda fase la vittima è incredula (fase dell’Incredulità), ossia non crede a
quello che sta accadendo, ma è disorientata perché non crede neanche a ciò che il suo
“carnefice” vorrebbe farle credere. Poi la vittima prova a difendersi (fase della Difesa),
sostenendo la propria integrità mentale e ricercando un dialogo col compagno abusante
per trovare un accordo, ma alla fine la vittima si convince che il gaslighter ha ragione, si
arrende e sviluppa un senso di insicurezza, vulnerabilità e dipendenza. Questa è la fase
della Depressione: in questa fase la violenza psicologica raggiunge l’apice e si cronicizza,
perché la vittima inizia a credere veramente alla versione della realtà propinata dal
carnefice, arrivando addirittura ad idealizzare quest’ultimo.
Un altro tipo di abuso psicologico poco noto, ma praticato (o subito) con una certa
frequenza nelle relazioni sentimentali dei nostri tempi è il “Breadcrumbing”. Anche questa

consiste in una forma alquanto “sadica” di manipolazione psicologica che non viene
attuata solo in ambito affettivo-sentimentale, ma anche in ambito professionale. Nella
lingua italiana andrebbe tradotto in “Spargere Briciole di Pane”. In lingua inglese il termine
“Breadcrumbs” è stato utilizzato anche in ambiti diversi e con diverse accezioni, però nel
presente contesto, è riferito alla pratica dello spargere “segnali di interesse” per una
persona, senza esserne però realmente interessato.
Coloro che adottano questo tipo di abuso psicologico, sono persone che hanno bisogno di
catalizzare su di sé l’attenzione del prossimo e collezionare conferme da parte degli altri,
nel tentativo di risollevare la propria autostima decisamente bassa. La tecnica consiste nel
mandare una serie di finti “segnali di interesse” ad una persona per indurla ad alimentare
delle aspettative che in realtà il “breadcrumber” non ha nessuna intenzione di soddisfare,
al fine di causare alla vittima sentimenti di frustrazione e sofferenza. Il piacere di poter
influire sugli stati mentali del prossimo e la sensazione di mantenere il controllo su un
essere umano, va ad alimentare l’ego delle persone insicure che non sono capaci di
coinvolgersi personalmente in una relazione matura e paritaria.
Per quanto riguarda la violenza fisica , si fa riferimento all’uso di qualsiasi atto volto a far
male o a spaventare la vittima e nella maggior parte dei casi procura lesioni, e in generale
danno fisico provocato non accidentalmente e con mezzi differenti
Può comprendere:
– schiaffi, pugni, morsi, calci, testate, spintoni, strattonamenti,
tirate di capelli, – cadute
– lancio addosso di oggetti – bruciature, ustioni
– tentato strangolamento
– soffocamento
– aggressione o minaccia con arma da fuoco, da taglio o oggetto contundente,
– isolamento da casa o altrove (sequestro di persona).

Ci sono altri due ambiti della violenza di coppia che vengono usualmente presi in
considerazione, soprattutto se la vittima è la partner femminile. Si tratta della violenza di
tipo economico e di quella di tipo sessuale. La violenza economica consiste in
comportamenti basati sempre sul controllo, tra cui è bene citare: limitare o negare
l’accesso alle finanze familiari; occultare l’informazione sulla situazione patrimoniale e le
disponibilità finanziarie della famiglia; vietare, ostacolare o boicottare il lavoro fuori casa.
La violenza sessuale all’interno del rapporto di coppia presuppone invece l’imposizione di
relazioni o pratiche sessuali indesiderate.